giovedì 28 gennaio 2010

Escursione al Mar Morto

Intorno al Mar Morto 2/1/2010

Meno di un’ora di autostrada separa il Mar Morto da Gerusalemme. La veloce e ampia strada, principale via di comunicazione con la Giordania, si inoltra in un territorio che diventa ben presto desertico tra dirupi rocciosi che accompagnano la lunga discesa che dai circa 900 metri di altitudine di Gerusalemme giungono fino ai 400 metri sotto il livello del mare del Mar Morto. Il paesaggio è ampio e le montagne sono illuminate da una luce intensa che fa spiccare i colori variegati del paesaggio. Una luce che sembra aumentare, come la temperatura, mano a mano che si scende al di sotto del livello del mare e si raggiunge infine il Mar Morto, che compare in lontananza, azzurrissimo sotto il cielo terso. Lo sguardo si perde sulla corona di montagne desertiche che lo circondano. Lasciata l’autostrada per la Giordania si segue la costiera meridionale che porta dopo una quarantina di km a Masada, la rocca fortificata costruita da Erode dove gli ultimi ribelli ebrei della rivolta contro i romani del 70 d.c. trovarono rifugio, vennero assediati per tre anni dalla X Legione, si suicidarono in massa alla vigilia della caduta. Vasco nota l’assenza di posti di controllo militari lungo la strada, con la gradevole eccezione di un posto di blocco presidiato da una bellezza dai lineamenti e dalla carnagione mediorientale, valorizzata dall’uniforme di Tsahal, che gli sorride con i suoi occhi vivaci e lo saluta facendolo passare con un aggraziato cenno di fucile d’assalto M16.
Resti di forte d'assedio romano ai piedi di Masada 2/1/2010
La rocca di Masada si erge sulle ultime propaggini meridionali del Mar Morto che si domina dalla sua cima raggiungibile con una funivia. E’ una meta turistica molto battuta ma vale la visita, oltre che per il significato storico e la possibilità di vedere ancor oggi le tracce dell’assedio romano del 71-74 d.c., anche per il panorama magnifico. Vasco vi trova anche diverse specie interessanti di uccelli come lo Storno di Tristram, il Corvo Codaventaglio e la Monachella capobianco.
Il Mar Morto ad Ein Gedi 2/1/2010
L’escursione poi si sposta nel pomeriggio sulle rive dal Mar Morto alla stazione balneare e di talassoterapia di Ein Gedi che si trova alcuni km a nord di Masada, in prossimità di un’oasi . Anche a inizio gennaio nel Mar Morto si può tranquillamente fare il bagno sotto un sole molto forte cullandosi nell’acqua ad una temperatura di circa 19°, balneabile ma non caldissima. Come noto si tratta di acque ad elevata salinità ed è opportuno seguire alla lettera le istruzioni che vengono date per la balneazione. Anche Vasco, che di solito si trova sempre a suo agio nel mare, si trova qui un po’ in affanno a causa della leggerezza dell’acqua e presta attenzione ai movimenti che devono essere molto lenti e controllati, perché è facile perdere l’equilibrio e rischiare contatti pericolosi dell’acqua con gli occhi e la bocca.
Le acque del Mar Morto sono ormai lontane da questo punto rilevato nel 2000 - 2/1/2010
Il lago salato interno chiamato Mar Morto si sta velocemente prosciugando a causa dell’uso intensivo a monte delle acque del Giordano che lo alimentano: quelle che fino a pochi anni fa erano stazioni balneari sulle sue rive si trovano ora sempre più distanti dalla battigia ed ogni anno la spiaggia attrezzata di accesso deve essere spostata sempre più in là. Ad Ein Gedi ad esempio è necessaria ora una passeggiata di circa un km per raggiungere la sponda di cui quasi 500 metri si sono aggiunti solo a partire dal 2000. Di questo passo il Mar Morto diverrà a tutti gli effetti tale e di esso, se non si prendono contromisure, non potrà che rimanere una lapide coperta di sale. L’escursione da Gerusalemme in giornata a Masada e Mar Morto, bagno incluso, è un po’ tirata ma fattibile, anche volendo con auto a noleggio. Vasco, che per l’occasione ha scelto un’escursione organizzata, non disdegnerebbe una sosta più prolungata per gustarsi meglio la bellezza dei paesaggi e la piacevolezza del clima ma per questa volta questo non sarà possibile e si accoda infine borbottando alla comitiva in rientro a Gerusalemme all’imbrunire.

Bulbul dagli occhiali -Pycnonotus xanthopygos Ein Gedi, 2/1/2010

domenica 17 gennaio 2010

A Gerusalemme

Le mura della città vecchia di Gerusalemme pressa la porta di Jaffa. La cinta muraria di Solimano il Magnifico si sovrappone qui alle antiche mura di Erode - 1/1/2010
Fumandosi una sigaretta e sorseggiando un bicchiere di spumante della Galilea non male, Vasco Cesana osserva le mura della città vecchia di Gerusalemme seduto ad un tavolo sul terrazzo dell’Hotel King David. I luoghi che esse racchiudono e che le circondano sono al centro delle vicende umane da sempre: quella che oggi si chiama la Spianata delle Moschee, ad esempio, si troverebbe là dove venne plasmato l'uomo secondo la Genesi; qui, circa 3000 anni fa, sorgeva il Tempio di Salomone, distrutto dai Babilonesi nel 600 a.c. e poi ricostruito e completato da Erode il Grande nel 19 a.c.; qui Gesù avrebbe scacciato i mercanti dal Tempio prima di ripassarvi di fianco portando la Croce e prima della distruzione definitiva da parte dei romani di Tito nel 70 d.c. ; sulla stessa area i musulmani vi edificarono nel 691 d.c. la Cupola nella Roccia nel punto dove Maometto sarebbe asceso in Cielo; all'epoca delle crociate il luogo diventò sede dei Cavalieri che si sarebbero poi denominati, appunto, Templari. Oggi la Spianata delle Moschee è un grande giardino dove campeggia al centro ancora la magnifica Cupola nella Roccia, ora ricoperta con l’oro donato da Re Hussein di Giordania dopo la perdita del controllo arabo su Gerusalemme vecchia all’indomani della guerra dei sei giorni. Proprio sotto, lungo quello che era il Muro Occidentale del Tempio, il Muro del Pianto (qui chiamato semplicemente Western Wall) accoglie i pellegrinaggi e le preghiere degli ebrei sulle quali si sovrappongono le invocazioni dei Muhezzin delle vicine Moschee e le campane in lontananza delle Chiese Cristiane. Tutto questo in attesa dell’Armageddon, dell’era Messianica, del Gan Eden, del Giorno del Giudizio Universale o dello Yawm al-Dīn ….

Particolare della Cupola nella Roccia - 1/1/2010


Veduta della Spianata delle Moschee - Gerusalemme 3/1/2010


Il cimitero ebraico tra il Monte degli Ulivi e la Valle di Giosafat, indicato come luogo della risurrezione nel Giorno del Giudizio, Gerusalemme 31/12/2009
Finendo di sorseggiare lo spumante della Galilea, Vasco si rende conto della propria ignoranza in materia teologica e che le sue conoscenze dell’Antico Testamento sono ferme alla scuola elementare. Non può però non pensare, per formazione e inclinazione, anche alla dimensione politica ed alle ricadute temporali, di potere, che le vicende e i simboli di Gerusalemme hanno significato nella storia anche in termini di equilibri geopolitici globali e di area. Lo nota anche nelle foto, bellissime, che in albergo raffigurano molti dei maggiori leader politici mondiali dell’ultimo secolo in occasione dei loro soggiorni al King David.
Il Muro del Pianto o Muro Occidentale all'inizio dello Shabbat - Gerusalemme 1/1/2010

Giovani israeliani in fila a occhi chiusi prima di affacciarsi sul Muro del Pianto - 1/1/2010

La visita di Gerusalemme deve necessariamente misurarsi con il sovrapporsi dei diversi calendari e festività delle tre tradizioni religiose che vi si intersecano: il venerdì dei musulmani, il sabato degli ebrei e la domenica dei cristiani ognuna con le sue tradizioni e, per il visitatore, i suoi orari di accesso o chiusura dei monumenti. Vasco non è riuscito così ad accedere alla spianata delle Moschee, anche se fonti indipendenti gli hanno confermato che attualmente sarebbe visitabile. Il modo in cui viene vissuto lo Shabbat lo ha sinceramente colpito: dal tramonto del venerdì a quello del sabato tutto si ferma, le strade si svuotano, i negozi, di solito sempre aperti anche in tarda serata, sono chiusi, i menu si adeguano, perfino alcuni ascensori si conformano alle prescrizioni dello Shabbat e vengono impostati in modo automatico per non richiedere l’uso dei bottoni, rivelando anche ai profani la dimensione intimista, atavica del senso della festività ebraica. Vasco e consorte passano a Gerusalemme anche la notte di San Silvestro, che passa nell’assoluta indifferenza della città e, fortunatamente, nessun botto. Il silenzio della città è spezzato, a mezzanotte, dal rincorrersi delle campane delle chiese cristiane di Gerusalemme che annunciano festose, commoventi nella loro solitudine, l’arrivo del nuovo anno domini.

Interno del Santo Sepolcro - la cappella ortodossa posta sulla roccia del Golgota nel punto dove si ritiene sia stato crocefisso Gesù Cristo - 1/1/2010

Visitando all’indomani la città vecchia Vasco è colpito dalla moltitudine di culti e tradizioni cristiane che vi si sovrappongono e vi si affollano quasi sgomitandosi: gli ortodossi, i cattolici, gli armeni, i copti, i protestanti, gli etiopi, i siriani ognuno alla ricerca dei suoi spazi nei luoghi sacri ed ognuno con uno spazio assegnato o conquistato nel corso della storia in funzione della ricchezza e dell’influenza . La basilica del Santo Sepolcro lo colpisce più per questo che per fervore religioso. Visitarla è come ritornare ad un’epoca nel la quale le diverse correnti cristiane si confrontavano e scontravano in un clima di mutua tolleranza forzata, un po’ come quello che si doveva respirare tra il Concilio di Efeso ed il Grande Scisma del 1043, data alla quale viene fatta risalire la separazione definitiva tra Chiesa Cattolica ed Ortodossa. Il perdersi nelle diverse cappelle ed angoli votivi che si sovrappongono nel Santo Sepolcro è una esperienza affascinante, accompagnata dalle preghiere di tutte le lingue e dall’apparizione e dalle esortazioni di monaci dalla lunga barba ma dall’incerta matrice confessionale che sembrano essersi persi qui dai tempi di Goffredo di Buglione. Non bisogna aspettarsi la grandezza e la raffinatezza che si ritrova, ad esempio, nelle chiese di Roma. Nella Gerusalemme cristiana tutto è piccolo, fermo alle strutture medioevali e poco si può toccare anche per non modificare gli equilibri tra le diverse confessioni: lo status quo, che fotografava i diritti delle comunità cristiane sul Santo Sepolcro e la Basilica della Natività nel 1700 è stato adottato dall’Impero Ottomano e poi confermato dalle diverse giurisdizioni sui luoghi fino ai nostri giorni, passando anche per la certificazione data dal Congresso di Berlino. Con la saggezza che aveva contraddistinto per secoli la Sublime Porta, la custodia del Santo Sepolcro è rimasta affidata a “terzi”, la famiglia musulmana dei Nusseibeh, che ricopre questo ruolo da 1450 anni, per incarico affidato direttamente dal Califfo Omar nel 637. La procedura di apertura della porta è la stessa da secoli ed assistervi probabilmente una di quelle esperienze che solo Gerusalemme nel mondo può dare. Vasco però non si è mai svegliato in tempo per andarci durante la sua permanenza e non è in grado di confermare il reale interesse e fruibilità della cosa.

Gerusalemme vecchia, veduta nel quartiere cristiano nei pressi del Santo Sepolcro - 1/1/2010

Il momento più intenso della visita di Gerusalemme Vasco però l’ha vissuto non al cospetto dei luoghi santi o storici della vecchia città ma nella visita di un’opera moderna, lo Yad Vashem, il nuovo museo dell’Olocausto inaugurato nel 2005 su una collina nei dintorni di Gerusalemme, forse l’opera di architettura moderna che più lo ha colpito in senso assoluto. Il museo si sviluppa su un lungo corridoio che si percorre lasciandosi alle spalle un grande pannello video, nel quale sono raffigurate serene immagini delle comunità yiddish europee di fine ‘800. Proseguendo zigzagando lungo il corridoio si sprofonda gradualmente nell’incubo dell’olocausto attraverso le vicissitudini delle varie comunità ebraiche europee negli anni del nazismo fino a giungere all’impressionante sala finale nella quale la luce del cielo si riflette su un acqua nerastra, al fondo di una voragine. Sopra di essa si sviluppano su una grande parete ad imbuto migliaia e migliaia di foto originali di vittime dell’olocausto che circondano e avvolgono il visitatore in un abbraccio che gli mozza il fiato, lasciandolo in sospeso tra la sensazione di essere vittima e quella di essere carnefice. Infine, in fondo al corridoio, un terrazzo si affaccia sulle verdeggianti colline intorno a Gerusalemme, che sembrano quasi irreali nella loro tranquilla bellezza, descrivendo al meglio, anche nelle sue implicazioni politiche, la sensazione della rinascita, il luogo dove si riemerge dopo essere stati al limite dell’annientamento. Forse è proprio questo spirito originario che sta alla base della vivacità che si respira anche a Gerusalemme, in particolare camminando nella zona di Jaffa Road nelle ore serali e notturne, che pullulano di locali, ristoranti e bar affollati fino a tarda notte con, anche nella stagione invernale, tavolini all’aperto, giovani che scherzano per strada, magari con il mitra in spalla, suonatori no global e saltimbanchi vari, in un paesaggio umano che, almeno all’interno dei propri confini comunitari, dà una sensazione di grande libertà e tolleranza, di una società moderna e aperta, vogliosa di vivere. Nonostante tutto.

Jaffa Road, ore 23,30 - Gerusalemme, 2/1/2010


Tante Kippah diverse Gerusalemme, 3/1/2010

sabato 9 gennaio 2010

Passeggiando lungo la spiaggia di Tel Aviv

Tel Aviv dai giardini ha-Pisga di Jaffa 31/12/2009
Vasco Cesana e consorte arrivano a Tel Aviv, sulla via per Gerusalemme, il 13 Tevèt 5770, secondo il calendario ebraico. O il 13 Muharram 1431, secondo quello islamico. In pratica, secondo Gregorio XIII, il penultimo giorno dell’Anno Domini 2009. Li accoglie una fredda serata di tempesta con forte vento di libeccio che li spinge su un lungomare deserto, sferzato da possenti ondate. Nonostante le origini pedemontane, Vasco ama sentire l’odore del mare e la furia del vento nei giorni di tempesta, sensazioni che aveva coltivato nei suoi anni a Dunkerque, lungo il mare del Nord francese. Sospinto nei pressi del vecchio porto di Tel Aviv, lungo una darsena, una serie di invitanti ristorantini ne risvegliano l’appetito già peraltro stuzzicato dalla passeggiata e dalla curiosità di essere in un nuovo paese del quale conosce un po’ le vicissitudini politiche ma poco o nulla di tutto il resto, incluse le abitudini enogastronomiche. Scelgono, guidati dall’istinto, il posto più affollato, il ristorante di pesce Benny hadayag (Benny il pescatore) dove trovano l’ultimo tavolo vicino alla porta d’entrata, decisamente esposto agli agenti atmosferici, soprattutto con l’allungarsi della coda all’entrata e del viavai. Si vedono sfilare dei piatti molto invitanti, in particolare dei bei San Pietro, pesce ben acclimatato nelle acque prospicenti la Terra Santa. Subito arrivano, senza preavviso e compresi d’ufficio nel menu, una ampia sequenza di antipasti meze o salatim, con, tra gli altri, l’ottima pasta di ceci tipica mediorientale humus ed il purè di melanzane babaghanoush. Dopo pochi minuti ed il passaggio rapace di Vasco armato di bocconi di pane i piattini giacciono sulla tavola, vuoti e risplendenti nelle loro nostalgie ottomane. Alcuni interessanti antipasti di pesce annunciano l’arrivo del piatto principale: una marmitta a strati nella quale, su un fondo di salsa di lime si affastellano gamberoni bolliti stile plateau de coquillage, cozze in umido come nelle moule et frites, a tono con il mare in tempesta dunkerquiano e, infine, parecchi etti di calamaretti fritti in modo leggero e delicato, una composizione insomma forse non di haute cuisine ma con un equilibrio di sapori e quantità molto appagante per l’appetito di Vasco. Soprattutto se accompagnata da un giovanissimo e fresco bianco Sauvignon Yarden del 2009. Questo, come altri vini della Galilea, è stato per lui una vera scoperta. Conto sui 70 euro per due persone, da considerare buono secondo gli standard israeliani e classificazione del Benny hadayag nel suo archivio come PRO-ASS, da provare assolutamente.

Lungo la spiaggia di Tel Aviv 31/12/2009


L’indomani un luminoso sole avvolge, di quella luce e quell’intensità che solo il Mediterraneo sa dare, la lunghissima e vasta spiaggia bianca di Tel Aviv, interamente bordeggiata per chilometri da una magnifica passeggiata a mare con verde, palme, fiori, piste ciclabili, joggers, aree gym e docce sulla spiaggia libera, pescatori di branzini ebrei ortodossi (i pescatori, non i branzini), pensionati che giocano a carte, famigliole liberal che leggono Haaretz, belle figliole che prendono il sole, surfisti ed anche qualche bagnante.


Gym on the Beach Tel Aviv, 31/12/2009

Mediterraneo Tel Aviv, 31/12/2009

Gradualmente la linea costiera dominata dai grattacieli e dai grandi alberghi stile Miami Beach del centro di Tel Aviv lascia spazio a costruzioni più basse, qualche giardino ed a poco a poco si arriva al promontorio dove si profilano le moschee ed il villaggio, di impronta araba, dell’antica Jaffa. In queste terre quando si usa il termine antico non si può dire che sia usato alla leggera: i primi insediamenti a Jaffa risalgono a 4000 anni fa e la sua fondazione sarebbe avvenuta, pochi anni dopo il Diluvio Universale, a cura del figlio di Noè. In cima al promontorio spicca la sagoma familiare, in uno stile che si direbbe di barocco ligure, del campanile del Monastero di San Pietro. Sotto, la piccola e graziosa Moschea dei pescatori. Intorno un rigoglioso giardino, ornato da belle sculture moderne e disposto con sapienza urbanistica dall’amministrazione israeliana, proietta lo sguardo sulla spiaggia, il mare e la città. Un tocco di Florida, storie e culture che arrivano dalla notte dei tempi, uno stato moderno. Il tutto avvolto dalla luce, dal mare e dal tepore del Mediterraneo. E’ Tel Aviv.

Veduta di Tel Aviv dall'antica Jaffa 31/12/2009


Veduta di Jaffa dalla moderna Tel Aviv 31/12/2009