domenica 17 ottobre 2010

All’estremo nord dell’Honshu: Hakkoda-san e Sukayo Onsen

Sulla cima dell'Akakura-dake, Honshu settentrionale, Giappone, 19/8/2010

(segue “Alla scoperta dell’Honshu settentrionale, Giappone”)

Dopo Tsouroka la linea ferroviaria JR Uetsu prosegue lungo la costa occidentale dell’Honshu per poi rientrare dopo Akita verso l’interno in direzione di Aamori. Akita corrisponde al punto più a Nord raggiunto da Matsuo Basho nel ‘600 nella sua "Stretta via verso il profondo Nord”.
Quindi si può dire che Vasco Cesana e consorte si siano spinti ancora più in là del profondo nord di Basho anche se, ad onor di cronaca, lui si spostava a piedi e loro in treno, pur se su rotte non particolarmente veloci, anzi piuttosto lente.
Akita è nota in Giappone per essere ricca di belle ragazze, le cosiddette “Akita bijin”. Nella sua breve sosta nella città all'ora di pranzo, in attesa della coincidenza ferroviaria, l’attenzione di Vasco, ormai a questo punto del viaggio in crisi d’astinenza da carboidrati, invece di rivolgersi alle bellezze del posto, viene attratta irresistibilmente dalla seducente insegna “Savoir de France” e dalle forme sinuose e morbide dei suoi croissant e dalla generosità delle sue baguette che divora in un attimo.
Lungo la linea ferroviaria JR Uetsu, dintorni di Akita 18/10/2010
Per raggiungere il Sukayo Onsen Ryokan, la meta nell’estremo nord dell’Honshu, questa volta prenotata via Internet, sono necessarie altre due ore di treno da Akita più un’oretta di bus, se c’è. Con sorpresa, contrariamente alle indicazioni della LP (che riferisce di un ultimo bus alle 14,30), trovano uno splendente bus JR che li aspetta in coincidenza con il treno alle 15,30, per di più gratuito per i possessori del JR Pass. Il bus li accompagna nel Parco Nazionale di Towada-Hachimantai inoltrandosi in ampie vallate ricoperte da fitte foreste. Le cime coniche intorno rivelano l’origine vulcanica dell’area. Risaliti fino ad un’altitudine di circa 900 metri un lieve odore nell’aria di zolfo annuncia l’agognato Sukajo Onsen Ryokan, che fa capolino tra i boschi con i suoi edifici di legno disposti su diversi lati. Tutte le camere di questo grande ryokan sono in stile tradizionale giapponese, con il loro tatami, le loro sliding door, l’ampia finestra che nel caso di Vasco si affaccia su un ruscelletto di acqua termale, un buon the caldo con dolcetti pronto e riserva d’acqua gelata in thermos con ghiaccio, le yukata, leggere vestaglie estive, pronte per essere indossate dagli ospiti. Niente bagno né lavandino in camera. Indossata la fresca yukata e calzate le ciabatte d’ordinanza (in tutti i ryokan del Giappone è severamente vietato circolare con le scarpe che, di solito ed anche in questo caso, vengono sequestrate e fatte sparire alla reception) Vasco Cesana si reca a provare la famosa onsen del Sukayo. Non ci sono rotemburo (ed è un peccato, dato il magnifico contesto naturale del ryokan) ma diverse zone bagno interne, con al centro la grande sala che ospita l’onsen forse più grande del Giappone, la “onsen per mille persone” circondata da vasche più piccole, docce e vari getti di acqua termale, tutto rigorosamente in legno di cipresso giapponese! La grande vasca centrale è, caso piuttosto raro in Giappone, mista anche se, in occasione del primo bagno, l’unica donna presente in sala è la consorte. L’acqua è piuttosto calda, sui 43°, con un rilassante colorito chiaro ed una consistenza soffice, che avvolge nella morbidezza. L’odore di zolfo è leggero, appena percepibile, mentre l’acqua lascia addosso un gusto di limone. Dai getti che la immettono nella vasca principale è possibile assaggiarne qualche goccia (le istruzioni in inglese ne raccomandano al massimo due cucchiaini) …. è buonissima, sembra una limonata calda o un infuso di melissa limoncello. Dopo averla assaggiata, Vasco ha la sensazione impagabile di crogiolarsi in un infuso di erbe alpine.
La cena viene servita in camera con una profusione di piatti ed assaggi tra i quali anche probabilmente un brodo di coturnice. Portate molto ricche a compensazione del costo piuttosto alto per un ryokan con un numero di camere così elevato, nell’ordine di €.120 a persona per mezza pensione.


Zone umide in quota lungo il sentiero per l'Akakura-dake 19/10/2010

Ambiente montano nel Parco Nazionale Towada-Hachimantai, 19/8/2010

All’indomani la splendida giornata convince Vasco e consorte ad intraprendere la passeggiata delle tre vette intorno all’Hakkoda-san. La passeggiata ha inizio al termine della funivia dell’Hakkoda Ropeway distante 10’ in bus dal Sukayo dove si ritorna a piedi dopo un ampio giro intorno alle cime circostanti. Lungo il percorso di avvicinamento Vasco memorizza bene gli ideogrammi con le indicazioni in giapponese delle località e dei percorsi che desume dal foglio con gli itinerari che si è fatto consegnare. Dal punto di partenza a circa 1300 m.s.l.m. in poi il paesaggio, data anche la giornata limpidissima, è fantastico: il golfo di Aamori è ai piedi delle montagne con la sua grande mezzaluna accompagnata dal profilo costiero degli ultimi promontori di Honshu, di fronte, ben distinguibile, l’isola di Hokkaido e le sue cime più elevate in lontananza. A Vasco sembra quasi di scorgere, laggiù in fondo, la linea costiera siberiana ed il traghetto che collega l’estremo limite della massa continentale eurasiatica con l’isola russa di Sakhalin, poco oltre la giapponese Hokkaido. Dall’altro lato Vasco si immagina la sequenza da Hokkaido alla Kamchatka delle isole Kurili, ancor oggi contese tra Giappone e Russia. Il sentiero, ben segnalato anche se stretto tra gli arbusti in diversi punti con i pini mughi o simili che pettinano i capelli degli escursionisti, costeggia alcune magnifiche zone umide d’alta quota per poi risalire, più ripidamente, fino alla prima cima, l’ Akakura-dake, a m.1548. Da qui in poi, in saliscendi lungo le altre due cime, si costeggiano un paio di coni di crateri vulcanici spenti, almeno così dicono, ma ancora con qualche segno di attività. Un cartello, anche in inglese, invita a non lasciare il sentiero segnalando che, nel giugno 2010, un rilascio di gas venefici ha causato in zona un non meglio specificato incidente. Seguendo l’itinerario che si dirige direttamente a Sukayo Onsen dalla terza cima, l’Odake, m.1584, la discesa è piuttosto lunga e tortuosa attraversando nella parte centrale alcune rocce vulcaniche con odore di zolfo ed accenni di fumarole. Vasco, un po’ teso, scivola lungo un crinale sdrucciolevole pestando il quadricipite. Arriva comunque poi al Ryokan senza problemi a parte un notevole appetito. Complessivamente l’escursione, che ha un dislivello è di circa 500 metri in salita e di 900 metri in discesa, è tranquillamente fattibile con calma in circa 6 ore, incluse soste, foto e contemplazione del magnifico paesaggio ed ambiente naturale.

Vasco, nel pensare agli haiku che avrebbe potuto scrivere Basho se fosse arrivato fin qui, osservando il grande pino in lontananza accarezzato dalla frizzante brezza serale, si annota:
Fresca è la sera di fine estate,
presto le tue chiome
dalla neve saranno arquate


(segue)

domenica 3 ottobre 2010

Le montagne sacre di Dewa Sanzan

Dewa Sanzan, Haguro-san, la pagoda Goju-No-To 17 agosto 2010

(segue “Alla scoperta dell’Honshu settentrionale, Giappone”)

Haguro-san, Gas-san e Yudono-san, i tre monti sacri che costituiscono il Dewa Sanzan, sono tra i luoghi che più colpirono Matsuo Basho nel corso del suo viaggio nell’Honshu Settentrionale della fine del ‘600.
“When summer winds blow
in this blest South Vale, they bring
the cool fragrance of snow”
(“A Haiku Journey, Basho’s Narrow Road to a Far Province” traduzione in inglese di Dorothy Britton, ed. Kodansha 2002)
Diversi furono gli haiku che Basho compose qui, commentando, ai piedi del Haguro-san “the good emanating from this holy hill is most wonderful and awe-inspiring. It is a truly marvellous place and will surely prosper forever”.

Vasco Cesana arriva nella zona del Dewa Sanzan risalendo la costa nordoccidentale di Honshu da Niigata a Tsuruoka con la panoramica linea ferroviaria JR Uetsu, che costeggia il Mar del Giappone tra splendidi paesaggi e tranquilli paesi di pescatori. Anche se questa regione non è più così remota come ai tempi di Basho, le asperità del territorio sono ancora tutte lì e, non essendo collegata con treni Shinkansen, gli spostamenti in treno sono piuttosto lenti ed articolati. Vasco e consorte convengono così di limitare le tappe dell’itinerario inizialmente stabilito saltando, date le difficoltà di spostamento ed i non molti giorni a disposizione, le visite di Kakunodate e Hiraizumi. Dalla stazione di Tsuruoka un bus, in coincidenza con gli orari di arrivo dei treni, raggiunge in circa 45’ la zona dell’Haguro-san con capolinea sulla vetta. Arrivati lì, Vasco, senza prenotazioni per la notte, si mette alla ricerca, sotto una pioggia torrenziale, dell’ospizio per pellegrini Saikan, cercando di decifrare le indicazioni esclusivamente in caratteri giapponesi. Senza successo. Immersi tra vetusti alberi altissimi, diversi edifici e templi gli appaiono dalla nebbia ma nessuno di questi è il Saikan. Infine, ormai completamente fradicio, si aggira nella penombra di un giardino sul quale si affacciano alcune camere tradizionali giapponesi. Da una di queste gli appare, avvolta nel candore delle vesti bianche e rosse delle miko, le giovani assistenti dei sacerdoti scintoisti, una ragazza che lo saluta con un inchino e, con un sorriso che rigenera completamente l’intirizzito Vasco, gli chiede, con eleganza: “May I help you?” accompagnandolo poi ad una sorta di reception. La promettente accoglienza però si scontra poi con il fermo diniego delle altre miko:No rooms without a reservation!”. In effetti, nonostante l’ospizio sia, bellezze a parte, palesemente vuoto, la prenotazione è necessaria per dar modo alle ragazze di preparare la cena (rigorosamente vegetariana) per tempo, cosa che, nella disciplina dell’ospitalità giapponese non può essere assolutamente improvvisata.
Giardino dell'ospizio per pellegrini Saikan sul Haguro-san 16 agosto 2010
Vasco e consorte comunque trovano poi posto in un albergo-ryokan piuttosto grande a qualche km di distanza grazie all’intervento di una sveglia guida turistico-spirituale del posto molto abile nel capire il linguaggio dei gesti. Dopo aver decodificato le strane istruzioni che, con grande sforzo, cerca loro di dare in inglese il simpatico gestore ("b’fast, a.m. 30, 7 –d’er p.m.30, 18") Vasco e consorte si sistemano e, uscendo, rilevano che il luogo, nonostante l’edificio non sia un gran che, è molto bello. Particolarmente piacevole è la passeggiata che dall’albergo costeggia un laghetto tra boschi e canneti illuminati dagli squarci di sole che si fanno strada tra i nuvoloni che si stanno velocemente dileguando. Nel vicino centro visitatori del Gas-san Vasco ha un’altra prova che l’ospitalità di questi luoghi ha pochi eguali al mondo: nel guardare le riproduzioni di uccelli lì esposte esprime apprezzamento per una graziosa cincia giapponese, un pezzo unico non in vendita. Al momento dell’uscita viene inseguito dalla ragazza che gestisce il centro, che gli offre in dono la cincia… Vasco Cesana, incamminandosi lungo il sentiero del lago tra gli aceri giapponesi, ringrazia con questo pensiero zen:

Luce tra le frasche fradice
immobile la cincia ci segue
sublime ospitalità


La mattina successiva, sotto un bel sole limpido, è dedicata alle visite ed alla salita all’Haguro-san, percorrendo i 2446 scalini che portano alla vetta. Prima di iniziare, riscesi al paese a valle, visitano l’interessante Museo Ideha Bunka Kinenkan. Anche se non c’è una parola in inglese, è da vedere, perché consente, tramite filmati, foto e rappresentazioni varie, di farsi un’idea delle celebrazioni e delle festività degli Yamabushi, monaci-asceti di queste montagne, e delle loro temibili pratiche spirituali. Pare che, tramite il personale del museo, si possa anche organizzare la partecipazione a qualcuno dei corsi di ascetismo che, a costi prossimi a quelli dei più lussuosi resort, propongono una vacanza all’insegna di: pernottamenti all’addiaccio, meditazioni nell’acqua gelata, sveglia alle 4,30 del mattino con corsa in montagna e digiuno. Concetto quest’ultimo che fa desistere Vasco dallo svolgere ulteriori ricerche in materia. Alcune immagini di consunte scale a pioli pendenti tra le rocce, riprese lungo il sentiero tra il Gas-san e lo Yudono-san, lo convincono anche definitivamente a non fare il circuito completo delle tre cime. Le guide, inclusa la LP, non sembrano sufficientemente chiare sulla difficoltà dell’itinerario. Da notare anche che, per tornare via bus dalla terza cima bisogna seguire una direttrice stradale completamente diversa che non transita dalla zona dell’Haguro-san. Dall’idea che si è fatto Vasco il percorso completo delle tre cime è fattibile, prevedendo due pernottamenti, solo se si è dotati di scarponi da montagna e si è in possesso di buone cartine e informazioni su condizioni meteo e su orari e coincidenze dei bus.


Lungo la scalinata per Haguro-san Dewa Sanzan, 17 agosto 2010

Fare anche solo la scalinata per l’Haguro-san comunque vale il viaggio. Tutto il percorso è immerso in giganteschi cedri del Giappone vecchi di oltre 500 anni. Il primo tratto, in discesa e poi in falsopiano attraverso ruscelli, tempietti, antichi ponti e cascate, è magnifico. Poi, il materializzarsi in perfetto mimetismo tra i cedri del profilo della pagoda a cinque piani di Goju-no-to, una pagoda buddhista del’300 in legno originale mai restaurato, offre una delle visioni forse più ricche di fascino e di esotismo dell’intero Giappone e dell’Estremo Oriente. Si iniziano poi a salire più ripidamente le centinaia e centinaia di scalini verso la cima con il sudore che scende sempre più abbondante dalla fronte di Vasco. Poco oltre la metà, intorno al 1500° scalino, una panoramica sala da the offre una sosta quanto mai apprezzabile. Un toccasana le ottime granite “filate” a mano ed offerte con una semplice, atavica ed energetica acqua e zucchero. Poco dopo, alcune pietre ricordano il luogo dove soggiornò e compose alcuni dei suoi famosi haiku, Matsuo Basho. L’ultimo tratto è il più ripido, ma offre delle bellissime prospettive ascensionali tra i cedri. Tutto sommato Vasco, anche grazie all’energia della granita allo zucchero ed all’allenamento dato dalle escursioni alpine fatte durante la stagione, raggiunge la cima abbastanza agevolmente e, mentre visita con calma i templi sulla cima, rimpiange un po’ di non poter raggiungere anche le altre due cime sacre ed in particolare lo Yudono-san. Ma, se anche lo avesse raggiunto, non avrebbe potuto raccontarne né scriverne perché a nessuno è concesso di descrivere agli altri quello che ha visto, o percepito, lassù, intorno alla roccia misteriosa dello Yudono-san, il monte sacro dell’acqua e della rinascita.
Uno dei templi sulla cima del Haguro-san 17 agosto 2010
Nulla è cambiato da quando Matsuo Basho terminò il pellegrinaggio lungo le tre cime sacre del Dewa Sanzan:
Since I may not tell
Of Yudono’s wonders, tears
On my coat sleeve fall
.”
(“Narrow Road to a Far Province”, id.)

(segue)

Dewa Sanzan, Honshu settentrionale, Giappone 16 agosto 2010