domenica 8 novembre 2009

Berlino, i Grandi Magazzini della Storia


Veduta dalla nuova cupola del Bundestag (ex Reichstag), Berlino
A vent’anni dalla caduta del Muro ripercorriamo l’ultima visita di Vasco Cesana a Berlino (marzo 2006).
Il programma di viaggio di Vasco prevede la partenza dalla poche di Dunkerque nel primo pomeriggio per riuscire a salire sul volo Virgin da Bruxelles per Berlino evitando la resistenza accanita del traffico che con l'avvicinarsi del weekend scende dalle Ardenne e si trincea lungo il Ring di Bruxelles. Lo aspettano a Berlino nella zona della Wittenberg Platz. Vasco riesce infine a raggiungere il check in ma anche il volo è in ritardo. Arriva nel remoto aeroporto berlinese di Schonefeld ormai a notte inoltrata, intorno alle 22,30. Mentre cerca faticosamente di fare mente locale se andare verso la stazione U-Bahn o piuttosto verso la S-Bahn, entrambe distanti nel gelido orizzonte notturno di questo angolo della ex DDR, gli parte davanti l’ultimo Bus. Rimpiange per un attimo la guerra fredda: se si fosse trovato qui una ventina di anni prima, lui, occidentale, per di più in arrivo da Bruxelles, sede del quartier generale della Nato, sarebbe circondato dalle premurose attenzioni dei Vopos e di qualche agente della Stasi. Oggi invece intorno a lui non c’è neanche un cane a cui chiedere informazioni. In più, è affamato ed i chioschi dei wurstel hanno chiuso bottega da molte ore, come i taxisti che pare siano andati tutti a dormire. Assume quindi la guida, sfoderando nell’emergenza il suo tedesco un po’ scolastico, di un manipolo di turisti dispersi: una coppia di italiani, un francese, due britannici ed alcuni giapponesi che si aggirano nel freddo deserto della stazione. Lo ascoltano con apprensione quando legge ad alta voce e traduce in inglese un cartello che annuncia che il servizio dei treni S-Bahn per il centro in quel weekend è sospeso. I giapponesi non prendono sul serio l’ex alleato dell’Asse e salgono sull’ultimo treno per Brandeburgo scomparendo nella notte lasciandosi alle spalle la città che chissà quando riusciranno a raggiungere. Vasco, imprecando sui caratteri minuscoli dalla mappa delle U-Bahn che ha recuperato e chiedendosi come mai prima di allora non avesse avuto problemi a leggere da vicino, riesce attraverso un complicato giro di intersezioni delle varie metropolitane berlinesi a guidare il resto della comitiva verso il centro. Dal finestrino vede scorrere le fermate che attraversano quelli che erano i sobborghi di Berlino Est, alcune stazioni sono all’aperto e sferzate dal nevischio che si comincia ad accumulare su edifici e portantini che portano ancora segni evidenti di quello che era il design urbano del socialismo reale. La metropolitana infine attraversa in qualche punto la Sprea, valicando il confine oggi immaginario dell’area d’influenza sovietica ed entrando nei quartieri occidentali. Uscendo dalla U-1 si trova di fronte l’imponente edificio dei KaDeWe, Kaufhaus des Westens, i Grandi Magazzini dell’Ovest, un nome che racchiude tutta la suggestione della storia recente di Berlino. Un tempo, non molti anni prima, i KaDeWe simboleggiavano il consumo opulento di Berlino Ovest, regno della ricchezza e dell’abbondanza, o almeno così funzionava il messaggio, contrapposto agli austeri stenti dell’Est. E’ proprio il continuo dipanarsi sotto i suoi occhi dei segni di quella contrapposizione che alimenta il fascino di Berlino per Vasco, figlio di una generazione che in quella contrapposizione è cresciuta ed è stata educata. All’insegna del Muro, possente, invalicabile, separatore di due mondi contrapposti e alternativi, certamente diversi. Allora sì “un altro mondo era possibile”, dal di qui e dal di là dal Muro, anche se, almeno dal di qui, l’altro mondo non appariva molto desiderabile.

KaDeWe - I Grandi Magazzini dell'Ovest Berlino, 11 marzo 2006

E’ sempre più difficile per Vasco trovare in questa città le tracce del suo coetaneo abbattuto in quel 9/11/1989. Quando ne intravede la memoria vede un po’ anche una parte di sé stesso. Nell’ultima sua visita di Berlino alcuni anni prima la trama del Muro era ancora leggibile nel dispiegarsi degli enormi cantieri delle zone di confine centrali della ex Berlino Est. Ora buona parte dei lavori erano terminati anche se i cantieri si erano spostati in nuove zone della città. Però Berlino, ora che i vecchi confini geopolitici erano quasi scomparsi e che la città era tornata ad essere la capitale della Germania, gli sembrava perfino più interessante. Certo la ricerca delle “tracce” del passato recente era adesso più difficile ma, sorprendentemente e ancora più spettacolarmente, un passato ancora più antico stava affiorando dopo l’abbattimento delle barriere tra le due città della guerra fredda: la trama urbanistica ed architettonica della Berlino prussiana era diventata visibile, riesumata nella sua imponenza ora che la Unter den Linden sfociava senza soluzioni di continuità, al cospetto del Reichstag ristrutturato, nella immensa e sterminata prospettiva della Strasse der 17 Juni.


Panorama della Unter den Linden dalla Fernseheturm di Alexander Platz

Il percorso di questa trasformazione è stato veloce se si pensa a cosa è successo a Milano negli stessi 15 anni (nulla) ma si coglie anche in qualche modo una lentezza, come lento è stato il riemergere di questa città dalle distruzioni terribili della seconda guerra mondiale. Una lentezza che Vasco intravede nei volti e nei vestiti un po’ dimessi che si osservano al di fuori delle zone più centrali di quella che era Berlino Est. Vasco si chiede come sia possibile che lo stesso popolo, nella stessa terra, mantenga delle differenze così visibili per una durata ormai quasi superiore a quella della separazione stessa. La risposta che Vasco stesso si dà è clintoniana: it’s the economy, stupid!. Ma la lentezza nella velocità del cambiamento è anche nei continui cantieri presenti, nella perdurante chiusura dei musei della Museum Inseln e nella attesa di nuove trasformazioni che verranno. Lentezza è anche nell’aspetto pre-Muro, quasi anni sessanta, che adesso aleggia in quelle che erano le zone centrali della ex Berlino Ovest nei pressi dei KaDeWe. Lentamente, inesorabilmente, queste hanno perso la centralità di una volta ed ormai sono sopravanzate dallo sfavillante modernismo degli architetti top della nuova Postzdamer Platz.

Resti del Muro presso la Postzdamer Platz Berlino, 11 marzo 2006

Il nuovo Museo dell'Olocausto nei pressi di Postzdamer Platz Berlino, 11 marzo 2006

Il nuovo Bundestag, precedentemente Reichstag Berlino, 12 marzo 2006


Vasco ripercorre questi itinerari durante il weekend sotto una nevicata infinita, copiosa, a tratti quasi una bufera, a tratti illuminata da un pallido sole, con la temperatura costantemente sotto lo zero. Date le condizioni climatiche visita alcuni dei Musei che gli mancavano anche se molti risultano ancora chiusi per lavori. Visita, oltre al volutamente inquietante Museo dell’Olocausto, il Pergamon Museum con il celebre altare di Pergamo e con colorate ricostruzioni assiro-babilonesi. La sera ordina in una trattoria vicino ad Alexander Platz uno stinco di maiale ma incespica sulla traduzione e non capisce bene la risposta del cameriere e si vede arrivare un gigantesco stinco bollito Eisbain invece del molto più succulento stinco al forno Schweinshachse. Trova lo stinco bollito estremamente stucchevole. Quello che gli servono è enorme e lo mangia tutto solo per rispetto del suo precetto di non lasciare mai avanzi nel piatto. Nulla di paragonabile ai meravigliosi Schweinshachsen che aveva degustato più volte nel quartiere di Sachsenhauser di Francoforte accompagnati rigorosamente da fiumi di Sidro (vietata la birra!). All’indomani si mette in coda per la visita del Bundestag ristrutturato, che lui preferisce chiamare con il suo nome storico, il Reichstag, salendo sulla nuova cupola di vetro tra folti gruppi di giovani russi nipoti dei soldati dell’Armata Rossa che sessant’anni prima sfilavano sotto questo edificio vittoriosi. Dall’alto della cupola vede le statue che sopravvivevano nel maggio 1945 sull’edificio annerito con sullo sfondo i tank sovietici e le macerie di Berlino. Solo un paio di anni prima il terzo Reich avanzava inesorabile e sembrava indistruttibile. Tutto sembrava perduto. Eppure, nel giro di tre anni, un fotografo ebreo russo, Evghenij Khaldej, sarebbe salito lì, nella posizione nella quale più o meno si trovava ora Vasco, ed avrebbe fotografato la bandiera rossa sul Reichstag, la fine della guerra e la fine del nazismo. Quarantaquattro anni dopo, poco lontano, in vista delle celebrazioni per il quarantesimo anniversario della Deutsche Demokratische Republik, Erich Honecker, segretario della SED, avrebbe proclamato che il Muro sarebbe durato altri cento anni. Durò invece poco più di cento giorni e, il 9/11/1989, il Muro sarebbe stato abbattuto e la DDR scomparì con lui. Berlino invece è sempre lì, grande e affascinante come sempre, a ricordarci quanto mutevoli e imprevedibili siano i rivolgimenti della Storia. Un Grande Magazzino del Mondo che ne custodisce i suoi eterni insegnamenti.

Particolare della facciata del Reichstag Berlino, 12 marzo 2006

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