Nella Selva Lacandona, Chiapas, Mexico - luglio 2004 |
(dall’archivio di Vasco Cesana – estratto appunti del viaggio in Messico - luglio 2004 - immagini con riproduzione digitale da diapositive)
“Dopo la visita di Palenque e visto il lungo itinerario che
ci aspetta per risalire verso Mexico City passando per lo Yucatan decidiamo di
visitare la Selva Lacandona con una escursione organizzata di un giorno in
minibus. Con così poco tempo a disposizione da soli non riusciremmo a farcela.
Tra l’altro ci riferiscono che secondo le locali prescrizioni di sicurezza in vigore avremmo dovuto viaggiare in convogli di auto scortati e quindi con limitate
possibilità di movimento. La compagnia nel minibus non è male: una chica muy guapa di Mexico City e relativo boyfriend, alcuni giovani belgi timidi, una coppia di tedeschi molto
ciarlieri, uno svizzero super attrezzato con impiantino di aria condizionata al
collo. In effetti in questa zona bassa del Messico il caldo, umido e tropicale,
è veramente tosto.
Partiamo alle 6 di mattina e discendiamo lungo la Carretera Fronteriza che scorre per
circa 180 km. da Palenque a Frontera Corozal al confine con il Guatemala di
fianco alla Riserva della Biosfera di Monte Azul, che rappresenta il cuore più
selvaggio della Selva Lacandona nonché la base del EZLN, il fronte zapatista del
comandante Marcos. Ai lati della strada se ne vedono in effetti alcune tracce
con bandiere e cartelli ma non riusciamo più di tanto ad approfondire la
situazione. La sensazione è che l’area di foresta “primaria” sia confinata
nelle riserva, forse anche lì piuttosto minacciata, mentre all’esterno
prevalgono le zone deforestate con alcuni pascoli dall’aspetto quasi “svizzero”
e filari un po’ disordinati di mais che peraltro qui si trova nella sua zona
d’elezione date le origini maya della sua coltivazione. La deforestazione
appare evidente per i primi 100 km della Carretera.
Poi, finalmente, la foresta prevale e avvolge quasi completamente i
restanti 60-70 km. con solo un paio di insediamenti e di farmers. Quando la
foresta old growth prevale, ad
esempio intorno a Bonampak e lungo il fiume Ochilango verso Yaxchilan, è di una
bellezza struggente che nessuna opera umana, Maya, Mexicana o Gringos riuscirà
mai ad emulare. Quando ci entri, la senti letteralmente pulsare di vita. Qui la
biodiversità non è un concetto astratto
ma una sensazione fisica, sensuale, che ti avvolge nei colori dei suoi fiori
variopinti, negli odori che mutano ad ogni angolo, nei suoni e negli echi dei
canti e dei versi degli animali e degli uccelli che si rincorrono nelle sue
ombrosità impenetrabili: le cicale con i loro frilli quasi elettrici, il
tambureggiare di picchi invisibili, i versi gutturali delle scimmie urlatrici,
i richiami di bestie indefinite.
Risalendo l'Ochilango, confine tra Messico e Guatemala - luglio 2004 |
Questa ricchezza intrinseca, unita forse anche
ad un po’ di fortuna, ci consente, risalendo l’Ochilango sulle agili lance locali
per raggiungere Yaxchilan, di vedere volare sopra di noi due delle meno di
cento Ara macao superstiti allo stato
selvatico nel Messico meridionale. Come due grandi velivoli dalla carlinga
rosso fuoco attraversano il fiume e si dirigono verso il Guatemala. Non
manchiamo anche un altro degli uccelli più suggestivi della foresta, il meno
raro Tucano Kill Billed.
Uno degli imponenti edifici del sito Maya di Yaxchilan, ca. 700 DC |
A Yaxchilan possiamo vedere da vicino le famose scimmie urlatrici che, con assoluta naturalezza e selvaticità, mangiano frutta sugli alberi intorno alla zona archeologica fregandosene altamente di noi. Sotto di loro ed in modo sparso nel raggio di circa 1km. gli edifici di questa importante città Maya risalente all’otto-novecento d.c. appaiono armonicamente calati in uno dei tratti di foresta più integra. Forse non a caso la dinastia che la abitava era quella dei “Giaguari” come raffigurato anche in diverse iscrizioni e rilievi. Come a rimarcare il perfetto adattamento alla foresta.
Stele a Chaan Muan, Bonampak |
Rispetto ad altri più celebri siti Maya quello
di Yaxchilan manca di piramidi particolarmente elaborate ma forse è
quello che mi ha colpito di più per la perfetta fusione con l’ambiente e la
bellezza del colpo d’occhio sulla foresta dall’alto degli edifici più alti.
Inoltre, a differenza dei siti più famosi, i visitatori sono piuttosto radi e non ci sono le orde di turisti in pullmann
che prendono d’assalto, ad esempio, Palenque.
Ritornati
nelle lance risaliamo l’Ochilango controcorrente per circa un’ora ed un quarto.
Sulla sponda ci guarda con interesse un bell’esemplare di coccodrillo adulto.
Risaliti in Minibus dopo circa mezz’ora ritornando in direzione di Palenque ci
fermiamo nell’altro sito Maya di Bonampak, famoso per le sue pitture ma che,
almeno nella parte per noi accessibile, risultavano piuttosto degradate.
Suggestivi anche i bassorilievi disposti nei pressi della “Plaza central” e
sempre bellissima la foresta intorno. Dato il caldo veramente notevole
cominciamo a dare qualche segno di stanchezza e rientrando nel minibus la
comitiva appare piuttosto provata.
Bonampak, Selva Lacandona, Mexico -luglio 2004 |
Sostiamo a fare benzina in un villaggio ai
bordi della strada. Faccio quattro passi intorno e noto che quasi tutti gli
abitanti hanno i capelli lunghi e mantelli chiari. Mi ricordano un po’ dei
freaks ed un po’ dei folletti della foresta, dandomi una sensazione di atavica,
distinta, saggezza. Sono gli indios Lacandones, abitanti della selva che fino a
pochi decenni fa non avevano avuto contatti con l’esterno. O forse non li
avevano voluti, a ragione dato che da
allora si sono decimati e rimasti in poche centinaia sparsi in qualche
villaggio nella foresta. Una ragazzina lacandonas vestita con la sua tunica
ocra ed i lunghi capelli neri mi avvicina per vendermi un suo piccolo giaguaro
in legno. Lo compro e gli lascio anche il resto. Mi piace l’idea di portare con
me il suo giaguaro che mi ricorderà la fierezza dei suoi occhi e di questa
mitica, impenetrabile Selva Lacandona, rifugio di zapatisti, rosse ara macao,
scimmie urlatrici e aquile mangiatrici di scimmie, giaguari e saggi indiani.
Tutti minacciati e tutti irriducibilmente avvinghiati alla loro selva, al confine tra nord e sud delle Americhe, là dove
finisce l’Occidente”.
Scimmia urlatrice, Selva Lacandona, Chiapas, Messico - luglio 2004 |
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