domenica 31 marzo 2013

Nella Selva Lacandona, Chiapas – Mexico


Nella Selva Lacandona, Chiapas, Mexico - luglio 2004

(dall’archivio di Vasco Cesana – estratto appunti del viaggio in Messico - luglio 2004 - immagini con riproduzione digitale da diapositive)
“Dopo la visita di Palenque e visto il lungo itinerario che ci aspetta per risalire verso Mexico City passando per lo Yucatan decidiamo di visitare la Selva Lacandona con una escursione organizzata di un giorno in minibus. Con così poco tempo a disposizione da soli non riusciremmo a farcela. Tra l’altro ci riferiscono che secondo le locali prescrizioni di sicurezza in vigore avremmo dovuto viaggiare in convogli di auto scortati e quindi con limitate possibilità di movimento. La compagnia nel minibus non è male: una chica muy guapa di Mexico City e relativo boyfriend, alcuni giovani belgi timidi, una coppia di tedeschi molto ciarlieri, uno svizzero super attrezzato con impiantino di aria condizionata al collo. In effetti in questa zona bassa del Messico il caldo, umido e tropicale, è veramente tosto.
Partiamo alle 6 di mattina e discendiamo lungo la Carretera Fronteriza che scorre per circa 180 km. da Palenque a Frontera Corozal al confine con il Guatemala di fianco alla Riserva della Biosfera di Monte Azul, che rappresenta il cuore più selvaggio della Selva Lacandona nonché la base del EZLN, il fronte zapatista del comandante Marcos. Ai lati della strada se ne vedono in effetti alcune tracce con bandiere e cartelli ma non riusciamo più di tanto ad approfondire la situazione. La sensazione è che l’area di foresta “primaria” sia confinata nelle riserva, forse anche lì piuttosto minacciata, mentre all’esterno prevalgono le zone deforestate con alcuni pascoli dall’aspetto quasi “svizzero” e filari un po’ disordinati di mais che peraltro qui si trova nella sua zona d’elezione date le origini maya della sua coltivazione. La deforestazione appare evidente per i primi 100 km della Carretera. Poi, finalmente, la foresta prevale e avvolge quasi completamente i restanti 60-70 km. con solo un paio di insediamenti e di farmers. Quando la foresta old growth prevale, ad esempio intorno a Bonampak e lungo il fiume Ochilango verso Yaxchilan, è di una bellezza struggente che nessuna opera umana, Maya, Mexicana o Gringos riuscirà mai ad emulare. Quando ci entri, la senti letteralmente pulsare di vita. Qui la biodiversità  non è un concetto astratto ma una sensazione fisica, sensuale, che ti avvolge nei colori dei suoi fiori variopinti, negli odori che mutano ad ogni angolo, nei suoni e negli echi dei canti e dei versi degli animali e degli uccelli che si rincorrono nelle sue ombrosità impenetrabili: le cicale con i loro frilli quasi elettrici, il tambureggiare di picchi invisibili, i versi gutturali delle scimmie urlatrici, i richiami di bestie indefinite.

Risalendo l'Ochilango, confine tra Messico e Guatemala - luglio 2004

Questa ricchezza intrinseca, unita forse anche ad un po’ di fortuna, ci consente, risalendo l’Ochilango sulle agili lance locali per raggiungere Yaxchilan, di vedere volare sopra di noi due delle meno di cento Ara macao superstiti allo stato selvatico nel Messico meridionale. Come due grandi velivoli dalla carlinga rosso fuoco attraversano il fiume e si dirigono verso il Guatemala. Non manchiamo anche un altro degli uccelli più suggestivi della foresta, il meno raro Tucano Kill Billed.


Uno degli imponenti edifici del sito Maya di Yaxchilan, ca. 700 DC

A Yaxchilan possiamo vedere da vicino le famose scimmie urlatrici che, con assoluta naturalezza e selvaticità, mangiano frutta sugli alberi intorno alla zona archeologica fregandosene altamente di noi. Sotto di loro ed in modo sparso nel raggio di circa 1km. gli edifici di questa importante città Maya risalente all’otto-novecento d.c. appaiono armonicamente calati in uno dei tratti di foresta più integra. Forse non a caso la dinastia che la abitava era quella dei “Giaguari” come raffigurato anche in diverse iscrizioni e rilievi. Come a rimarcare il perfetto adattamento alla foresta.
 
Stele a Chaan Muan, Bonampak
 Rispetto ad altri più celebri siti Maya quello di Yaxchilan manca di piramidi particolarmente elaborate ma forse è quello che mi ha colpito di più per la perfetta fusione con l’ambiente e la bellezza del colpo d’occhio sulla foresta dall’alto degli edifici più alti. Inoltre, a differenza dei siti più famosi, i visitatori sono piuttosto radi  e non ci sono le orde di turisti in pullmann che prendono d’assalto, ad esempio, Palenque.    
Ritornati nelle lance risaliamo l’Ochilango controcorrente per circa un’ora ed un quarto. Sulla sponda ci guarda con interesse un bell’esemplare di coccodrillo adulto. Risaliti in Minibus dopo circa mezz’ora ritornando in direzione di Palenque ci fermiamo nell’altro sito Maya di Bonampak, famoso per le sue pitture ma che, almeno nella parte per noi accessibile, risultavano piuttosto degradate.
Suggestivi anche i bassorilievi disposti nei pressi della “Plaza central” e sempre bellissima la foresta intorno. Dato il caldo veramente notevole cominciamo a dare qualche segno di stanchezza e rientrando nel minibus la comitiva appare piuttosto provata.
Bonampak, Selva Lacandona, Mexico -luglio 2004
Sostiamo a fare benzina in un villaggio ai bordi della strada. Faccio quattro passi intorno e noto che quasi tutti gli abitanti hanno i capelli lunghi e mantelli chiari. Mi ricordano un po’ dei freaks ed un po’ dei folletti della foresta, dandomi una sensazione di atavica, distinta, saggezza. Sono gli indios Lacandones, abitanti della selva che fino a pochi decenni fa non avevano avuto contatti con l’esterno. O forse non li avevano voluti,  a ragione dato che da allora si sono decimati e rimasti in poche centinaia sparsi in qualche villaggio nella foresta. Una ragazzina lacandonas vestita con la sua tunica ocra ed i lunghi capelli neri mi avvicina per vendermi un suo piccolo giaguaro in legno. Lo compro e gli lascio anche il resto. Mi piace l’idea di portare con me il suo giaguaro che mi ricorderà la fierezza dei suoi occhi e di questa mitica, impenetrabile Selva Lacandona, rifugio di zapatisti, rosse ara macao, scimmie urlatrici e aquile mangiatrici di scimmie, giaguari e saggi indiani. Tutti minacciati e tutti irriducibilmente avvinghiati alla loro selva, al confine tra nord e sud delle Americhe, là dove finisce l’Occidente”.  

Scimmia urlatrice, Selva Lacandona, Chiapas, Messico - luglio 2004

 

 

 


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