Risalendo Honshu in direzione della costa occidentale dell’isola Vasco Cesana e consorte visitano Aizu Wakamatsu. La cittadina è famosa in Giappone per le vicende dei samurai che avevano il loro baluardo nel castello di Tsuruga che ancor oggi torreggia non lontano dal centro di Aizu. Non è altrettanto famosa al di fuori del Giappone e ben pochi occidentali capitano da queste parti. Le indicazioni in caratteri latini cominciano qui a rarefarsi e Vasco deve iniziare a cercare di decifrare le indicazioni delle località dagli ideogrammi in giapponese. Un esercizio nel quale dovrà sempre più applicarsi nel corso del viaggio in Honshu settentrionale. Come molte città giapponesi Aizu al primo impatto appare un po’anonima. Vasco, che nei suoi viaggi non disdegna anche la “normalità” della vita dei paesi che visita, ha imparato che, soprattutto in Giappone, spesso le cose più interessanti e suggestive sono tutte da scoprire. Qualche volta, anche a causa della lingua e della difficoltà ad orientarsi, non si trovano. Altre volte si trovano ma sono in ristrutturazione: come il castello di Tsuruga, attrattiva principale di Aizu, che trova impacchettato come se fosse sottoposto a sequestro giudiziario (la ristrutturazione termina a fine 2010). Gli interni sono aperti ma non li ha trovati molto interessanti.
Ad Aizu Vasco e consorte sperimentano due particolarità del viaggiare in Giappone che vanno tenute presenti quando si viaggia in località di provincia:
1) Pernottare in un “budget” hotel delle catene presenti in molte località del paese, in genere vicino alle stazioni. Ad Aizu Vasco pernotta al locale Toyoko Inn, prenotabile via Internet in inglese, che trova essere un buon esempio di razionalità ed economicità (circa €.60 la doppia) offrendo, in spazi ristretti ma dignitosi, tutto quello che serve al viaggiatore: micro bagno con doccia, postazioni internet gratuite, lavatrice ed asciugatrice, caffè ed acqua gratis, efficiente condizionamento.
2) Rimanere senza soldi. In Giappone, fuori dalle rotte più battute, è difficile cambiare o prelevare contanti: il pagamento con carte di credito non è diffuso e le carte non sono riconosciute dal 90% dei bancomat, con l’eccezione di quelli delle poste (aperti solo in orario d’ufficio) e di poche banche. Non esistono inoltre uffici cambio da nessuna parte e molte banche non cambiano valuta straniera. Necessario quindi premunirsi, soprattutto nei weekend.
Girovagando per Aizu Wakamitsu nella tranquilla calura di una domenica pomeriggio agostiana Vasco arriva infine ai piedi della collina di limori yama, a circa un km dalla stazione.
Questo sacrificio inutile, ma intriso di ingenuo eroismo, colpì moltissimi negli anni successivi la nazione e Vasco si immagina che possa avere avuto magari qualche influsso, qualche decennio dopo, attraverso l’immaginario popolare, nelle azioni suicide dell’esercito giapponese quando la seconda guerra mondiale volse al peggio. D’altra parte il suicidio, la morte come purificazione ed il valore dell’onore sono parte delle antiche tradizioni culturali giapponesi. Una qualche reminescenza di tutto questo echeggiava anche negli slogan dei movimenti studenteschi del 1968: se in Francia negli scontri alla Sorbona ci si appellava alla mobilitazione con “Ce n’est qu’un début continouns le combat” lo slogan degli studenti giapponesi dell’Università di Tokyo assediata dalla polizia era “Moriremo meravigliosamente” (cit. in “Lezioni spirituali per giovani samurai”, di Yukio Mishima, Feltrinelli 1988 – per inciso, l’autore si suicidò secondo la formula rituale nel 1970).
Arrivando al luogo del sacrificio dei Biakkotai Vasco viene assalito, nonostante la calura, da qualche brivido: i 19 giovani samurai sono lì, avvolti dal tranquillo verde della collina, allineati nelle loro tombe di pietra e uniti per sempre. Sul luogo aleggia la nube soffice e profumata degli incensi che, con atti di venerazione, vengono accesi in continuazione dai visitatori di oggi. Molti sono adolescenti come loro. Dietro, altre pietre ricordano altri giovani caduti non si sa bene in quali altre battaglie. Poco più avanti svetta una grande aquila di pietra che si appoggia su una colonna romana, sulla quale, intonsa, è riportata una scritta, in italiano, che arriva direttamente dall’Asse Roma-Berlino-Tokyo, con il tono tipico dei bollettini dell’Istituto Luce durante il ventennio: “S.P.Q.R.: nel segno del littorio Roma, madre di civiltà, con la millenaria colonna, testimone di eterna grandezza, tributa onore imperituro alla memoria degli eroi di Byakkotai, anno MCMXXVIII, VI”.
Solo Vasco, in quanto unico visitatore italiano del luogo, forse da molto tempo a questa parte, magari dal 1928, può cogliere i significati storici della scritta: nella spiegazione in giapponese, stranamente tradotta in inglese, si fa riferimento infatti genericamente ad una colonna romana antica donata dai cittadini di Roma agli abitanti di Aizu, senza alcuna contestualizzazione storica…
Perdendosi nel pensare ai percorsi storici che hanno portato due culture così lontane ad incrociarsi nel XX secolo lasciando delle tracce proprio qui, Vasco si compiace del fatto che questa Aizu Wakamitsu, dietro le sue parvenze un po’ anonime, ne ha però di storie da raccontare…..
(segue) Aizu Wakamatsu, monumento ai Biakkotai fatto edificare dagli italiani in epoca fascista 15/8/2010