giovedì 24 settembre 2009

Isola di Flores, Indonesia – Diario di viaggio: 3-Bajawa

Tra Riung e Bajawa Isola di Flores, 17/8/2009






(segue da 2) - Estratto degli appunti di viaggio di Vasco, 3-da Riung a Bajawa (17/8/2009):


“E’ il 64° anniversario dell’indipendenza dell’Indonesia dall’Olanda. Feste e parate sono annunciate in tutta l’isola. In effetti non ne incontriamo una e ci addentriamo in una delle zone più selvagge dell’isola risalendo la bellissima zona di foresta monsonica alle spalle di Riung. Alcuni coloratissimi Flores Lorikeet, Thricoglossus (haematodus) weberi ci accompagnano a svolazzando intorno ai grandi fiori rossi di spogli alberi ai bordi della strada. Un Helmeted Friarbird - Philemon buceroides, specie già osservata qualche anno fa in Australia, ci ricorda che siamo oltre la linea di Wallace. Poi, dopo vari saliscendi intorno ai 1000-1200 m. scendiamo su un altopiano piuttosto abitato e coltivato. Sullo sfondo si comincia a profilare il grande vulcano Inerie che domina tutta questa parte dell’isola ed alimenta diverse fonti di acqua solforosa e ferruginosa. Ci fermiamo presso le Mangaruda Mata Air Panas, una vera onsen in stile giapponese se non si guardano i servizi di supporto in perfetto stile tropicale non mantenuto, cioè molto lontani dagli standard igienici giapponesi. La pozza principale, di acqua ferruginosa verdissima e caldissima, è comunque molto invitante e ci entriamo tranquillamente così come ci immergiamo poi nelle sottostanti acque smeraldo cristalline del ruscello che con la loro forte corrente esercitano un tonificante idromassaggio. Uscendo beviamo da un cocco con una cannuccia il suo ottimo succo ed assaggiamo un curioso frutto che sembra una patatona ma in effetti si rivela come uno straordinario marron glacé naturale. Arriviamo a Bajawa alle 13,30 e ci precipitiamo nel ristorantino Divas dove ci viene servito un eccellente gado-gado ed un pork saté, spiedino di maiale grigliato in salsa di noccioline gustosissimo. Sono le prime specialità “classiche” indonesiane che proviamo nel nostro viaggio ed il gusto forte e speziato con sentore di agrodolce ci conquista, regalandoci anche il piacere di un conto inferiore ai 2 (due) euro a testa. Lasciamo i bagagli all’Hotel Severin, di standard “superiore” secondo i canoni di Flores, forse perché il lavandino è separato dal bagno. Peccato che, come al solito, scarichi nel bagno direttamente sulle gambe di chi si trovasse seduto sul water. Partiamo subito verso Bema ed i villaggi dell’etnia N’gada che abita questa parte dell’isola. Si sale in una bella zona di foresta d’altura. I pocket di foresta primaria sembrano abbastanza diffusi ed il paesaggio, dominato dal cono piramidale del vulcano Inerie, è magnifico.



Bena Isola di Flores, 17/8/2009


Bena Isola di Flores, 17/8/2009


La bellezza della zona acquisisce una suggestione quasi soprannaturale quando dalla foresta si apre un varco su un pianoro sommitale disposto con una prospettiva perfetta sul centro della piramide vulcanica. Sul pianoro sono disposte in linea simmetrica due file di case rialzate in legno con tetto di paglia. E’ il villaggio di Bena. Al centro delle due linee di case il “viale delle sepolture e dei sacrifici” sul quale sono disposti ombrelloni di paglia (ngadhu), che simboleggiano il maschio, e strane casette rialzate in miniatura (bhaga), che rappresentano la femmina. In cime alle case adiacenti maschere che evocano gli spiriti e gli antenati. Ai lati, muti spettatori arrivati chissà da dove, lastroni di pietra e megaliti che sembrano essere stati dimenticati qui dalla sceneggiatura di 2001 Odissea nello spazio, vegliano sulla vita del villaggio e sulle tombe degli avi. Il “viale” è una linea perfettamente orientata sul cono del vulcano e si porta dietro tutta la simmetria urbanistica del villaggio. Non c’è che dire, il luogo emana un magnetismo particolare, indipendentemente da quello che pare dicano del posto alcuni studi esoterici. L’immagine ricorda un po’ Machu Picchu, con edifici certo un po’ più primitivi ma con la differenza che gli Incas del posto, gli N’gada, sono ancora lì, con le loro galline, con i loro anziani dai quali ti devi registrare, con i loro bambini che ti salutano Hallo Mister. E continuano, imperterriti, a seguire i loro riti ed a sacrificare i loro bufali.



Bena Isola di Flores, 17/8/2009

Più furbi degli Incas me li immagino aver accolto i Portoghesi, nel ‘500, ammesso che questi siano mai arrivati fino a qui, con gli stessi sorrisi con i quali accolgono noi. Per tenerli buoni, hanno fatto proprio il simbolo della croce, continuando nelle pratiche animistiche di sempre.


Abitazione di Bena con sullo sfondo il vulcano Inerie (colori rielaborati) 17/8/2009





Bena è senz’altro un luogo di interesse internazionale e la nuova strada ben asfaltata che la collega a Bajawa, i pulmini di turisti presenti (2, cioè parecchi per gli standard di Flores) ed i lavori di manutenzione in corso su alcuni edifici fanno pensare che in futuro l’afflusso aumenterà non sappiamo quanto compromettendo l’autenticità del luogo. Iniziamo un’accesa discussione con il nostro equipaggio per raggiungere Nage, un villaggio più avanti segnalato come altrettanto interessante, che loro dicono non raggiungibile ma che considero essere parte dell’itinerario concordato. Insisto e ci mettiamo in marcia. Come spesso succede non si capisce una mazza, neanche dalla LP che secondo me non ci è mai andata, di quanto cavolo sia distante ‘sto Nage. Comunque, dopo mezz’ora di viaggio e la trasformazione della strada da bella carrozzabile a mulattiera di montagna con pendenze assassine, appuriamo che è sicuramente molto più distante dei 7 km indicati dalla LP. Tocchiamo diverse volte, l’autista dà segni di nervosismo, abbiamo mezz’ora scarsa di luce e poi dobbiamo visitare e rifare tutta la strada…ok, cedo: torniamo indietro. Effettivamente per la visita dei villaggi N’gada è necessario un giorno pieno, lasciando l’auto a Bena e camminando verso Naga per un paio d’ore one way, in discesa, tornando se possibile in bemo o con le proprie gambe. Rimanere a Bajawa una sola notte è troppo poco, tra l’altro la cittadina e il clima sono gradevoli, e sono consigliabili almeno 2 o 3 notti. Il nervosismo con Nyman e Melchie si stempera subito quando, dai bordi della foresta, si materializza di fronte a noi un White Rumped Kingfisher, Caridonax fulgidus, uno degli uccelli endemici più belli della Wallacea, al quale riesco a scattare qualche foto nonostante le pessime condizioni di luce. Sembra proprio che quest’isola faccia di tutto per non farmi arrabbiare. La quiete crepuscolare ormai sta scendendo sui villaggi al cospetto del perfetto cono vulcanico dell’Inerie. (17/8/2009) - (segue)


Il vulcano Inerie dalla strada tra Bena e Bajawa 17/8/2009


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